Ovvero quel momento a volte critico in cui un figlio/una figlia succede al padre/alla madre nella gestione organizzativa e strutturale dell’Azienda.
Se alla persona uscente era riconosciuto un innato carisma (fenomeno alquanto diffuso tra i fondatori), che permetteva di guidare a vista e di ottenere impegno e partecipazione su base fiduciaria, al nuovo leader è probabile che non basti l’investitura formale per ottenere gli stessi atteggiamenti da parte del team, ma che si debba guadagnare la fiducia dimostrando di avere le competenze per condurre l’impresa con successo.
Solo un’Azienda su 3 supera con successo il cambio della guardia
In Italia circa il 30 per cento delle imprese che intraprendono questo percorso evolutivo falliscono già nel giro di 3 anni, provocando nel contempo la perdita di moltissimi posti di lavoro, nonché la dispersione del patrimonio di conoscenze, di capacità, di tradizioni, di legami con il territorio.
Storicamente l’Azienda familiare è su tre livelli
Livello 1
Al vertice troviamo l’imprenditore, solitamente anche fondatore dell’impresa che racchiude in sé il potere decisionale assoluto, su qualsiasi questione e in qualsiasi ambito. L’azienda è un prodotto a lui completamente ispirato, ha il suo carattere e si muove secondo le sue filosofie. La ragione è presto detta: capita con una certa frequenza che chi fonda l’impresa alimenti anche una relazione simbiotica tra valori della famiglia e dell’impresa, che porta a sovrapporre le due entità fino a piegare l’impresa alle esigenze della famiglia.
Livello 2
Solitamente composto dai figli/nipoti i quali ricoprono posizioni direzionali specifiche e strategiche dell’azienda. Sovente hanno vissuto l’Azienda fin da piccoli in casa, dove hanno ascoltato e partecipato le varie vicende aziendali discusse dai genitori, e successivamente terminati gli studi superiori o universitari, sono stati introdotti nel vivo di quell’attività che è prevista essere il loro futuro. I rapporti tra i vari componenti della famiglia, i loro interessi personali e le loro attitudini individuali, nonché l’importanza di mantenere un clima di unione familiare ed equità nei poteri distribuiti, sono i principali generatori di problemi all’interno dell’Azienda e nel momento del passaggio generazionale diventano elementi di criticità massima.
Livello 3
Viene popolato dai collaboratori, un ristretto numero di persone che godono della più ampia fiducia della famiglia e tra i quali spiccano figure storiche presenti in Azienda da sempre. In genere chi non fa parte della famiglia ha un limitato potere decisionale e comunque sempre legato alla previa approvazione del vertice aziendale.
Le 4 aree di criticità principali
- Scegliere l’erede al trono.
- Elementi conflittuali. Confusione di ruoli, padre o imprenditore? Impossibile clonazione dell’imprenditore. Confronto schiacciante imprenditore superman/eredi normali. Difficile formazione eredi. Impazienza degli eredi.
- Prevenire le liti.
- Elementi conflittuali. Non abitudine al compromesso. Difficoltà a confrontarsi con gli altri. Impazienza dei figli. Sistema di valori. Conflitti tra i sistemi “impresa” e “famiglia”.
- Le nuove idee.
- Elementi conflittuali. Il contrasto tra approcci operativi diversi. Difficoltà a considerare l’Azienda come uno strumento. Il timore degli investimenti sbagliati. Paura di perdere il possesso. Incapacità di accettare nuovi modelli gestionali. Difficoltà di affrontare il proprio sistema di valori.
- Le nuove regole del gioco.
- Elementi conflittuali. Paura della perdita di identità personale. Paura della perdita di identità sociale. Paura della “morte” professionale.
Le 10 regole d’oro
- Non ignorare il problema, ma affrontarlo subito.
- Verificare per tempo qual è l’effettiva volontà dei successori.
- Verificare quali siano le loro capacità.
- Investire nella formazione e nella professionalità dei successori.
- Testare i meriti e le capacità tramite una consulenza super partes.
- Delegare le funzioni anche ad altre figure dell’Azienda.
- Sperimentare, appena possibile, l’ingresso del successore in Azienda.
- Procedere alla graduale assunzione di responsabilità, prima del passaggio vero e proprio.
- Analizzare e affrontare preventivamente gli eventuali problemi relazionali legati al ricambio generazionale.
- Consentire al successore di personalizzare l’attività di impresa.
I compiti dei senior: riconoscere i propri limiti, far leva sulla propria esperienza, sentirsi ancora in grado di cambiare e orientarsi verso una nuova era della propria vita.
Il traghettamento d’impresa
Non fa i conti solo con atti giuridici e conteggi fiscali, ma può incontrare altri ostacoli: competenze professionali deboli, conflitti con dipendenti dell’Azienda, perdita del capitale sociale (la clientela non riconosce il valore della nuova generazione), problemi relazionali frutto della sovrapposizione impresa-famiglia (la sindrome del cosiddetto “piccolo fratello”: la tendenza a trattare il nuovo timoniere come un fratello minore non all’altezza di chi lascia il trono).
Buona la prima: non si può sbagliare
Tutto ciò si verifica una volta tanto: pertanto non è possibile fare tesoro dell’esperienza acquisita e degli errori compiuti nella gestione del processo per migliorare il successivo, ma bisogna farlo bene alla prima volta. Inoltre, è praticamente impossibile che le condizioni (di business, di mercato, istituzionali) in cui avviene il passaggio generazionale rimangano inalterate fino alla generazione successiva e quindi anche le cose che hanno funzionato bene non si possono replicare con facilità.
Minimizzare il rischio di errori
Per eludere i possibili rischi le imprese possono avvalersi di supporti esterni, consulenti preparati che ricoprano il ruolo di supervisori e coordinatori di tutte le fasi del processo di transizione ed al tempo stesso allenatori dei successori prescelti dalla proprietà per portare l’Azienda nel futuro.
Un buon insegnante è uno che si rende progressivamente superfluo. (Thomas Carruthers)